Innanzitutto facciamo chiarezza: con il primo nome si indicano i distillati cerealicoli (orzo e altri cereali) invecchiati in botte prodotti in Scozia (Scotch Whisky), Canada e Giappone; con il secondo quelli di Irlanda e Stati Uniti.
Naturalmente sono presenti molte sottoclassificazioni; vediamone alcune.
Scotch Whisky
Per lo scotch whisky sono fondamentali le zone di distillazione:
Le Lowlands sono le zone più meridionali della Scozia e vi si producono distillati dal gusto delicato e accessibile.
Le Highlands, le terre a nord, rappresentano la fascia più ampia di produzione e si suddividono a loro volta in sottozone, con prodotti anche molto differenti fra loro; tra le più importanti ricordiamo lo Speyside, in cui si trovano alcune tra le più note distillerie scozzesi.
Le Isole danno vita a whisky dagli spiccati sapori sapidi, torbati, affumicati e iodati. Citiamo qui tra le altre l’Isola di Skye, le Isole Orcadi e la leggendaria Isola di Islay (nome gaelico che si pronuncia Àilah).
Campbeltown è una piccola cittadina della penisola di Kintyre sede un tempo di molte distillerie. Oggi ne sono rimaste pochissime, ma tutte di straordinario livello qualitativo.
Il whisky scozzese inoltre può essere blended, cioè derivante dall’assemblaggio dei prodotti di differenti distillerie, ma anche single malt o single grain, ovvero prodotto in un’unica distilleria.
Per cominciare a miscelare suggeriamo William Lawson Blended Whisky e The Famous Grouse. Un ottimo prodotto, di prezzo leggermente superiore, è il Johnnie Walker Black Label. Se volete sentire la torba provate un Laphroaig 10 anni, single malt dell’Isola di Islay: si spende un po’ di più ma siamo già di fronte a un whisky di rango; forse non sarà semplice usarlo nei cocktail, ma lo sarà fin troppo berlo liscio!
Whisky canadese
Il whisky canadese non ha un disciplinare rigido e vede quindi la presenza di prodotti di differente qualità, da quasi scadenti a ottimi. Anche il gusto varia molto, ma generalizzando possiamo dire che è più morbido e meno intenso dello scotch. In miscelazione può essere molto interessante, a patto di conoscere bene il distillato di partenza e di avere le idee chiare sul risultato che si vuole ottenere. Se contiene una percentuale minima di segale (5-15%) può chiamarsi rye ed infatti era usato in Italia per preparare il Manhattan, negli anni in cui il rye whiskey statunitense (51% minimo di segale) era pressoché introvabile sul nostro mercato. Canadian Club e Crown Royal sono bottiglie facilmente reperibili.
Whisky giapponese
Il whisky giapponese ha circa un secolo di storia e si ispira al processo produttivo scozzese. Rispetto allo scotch è però pressoché assente il gusto torbato, mentre del tutto nipponica sono la cura del dettaglio e la ricerca di equilibrio e purezza. Si tratta di distillati costosi, più adatti alla degustazione che ai primi tentativi di miscelazione. Se siete curiosi potete iniziare assaggiando un Nikka.
Whiskey irlandese
Il whiskey irlandese ha grande tradizione e qualità; rispetto allo Scotch prevede tripla distillazione (anziché doppia) e l’assenza della torba, pur con la significativa eccezione del Connemara. Il risultato è un whiskey gustoso e complesso ma levigato, che certo non delude mai ma, dicono i detrattori, raramente sorprende. Jameson, Tullamore D.E.W., Bushmills sono marchi celeberrimi e facilmente accessibili nei loro prodotti base.
Whiskey americano
Il whiskey americano si divide in tre categorie principali, Bourbon, Rye e Tennessee.
Bourbon
Il Bourbon deriva il proprio nome dalla contea del Kentucky dove è nato, così chiamata in onore della famiglia reale francese (in italiano Borbone) che un tempo possedeva molti degli stati del Sud. Il disciplinare si basa su due aspetti fondamentali: una quota minima del 51% di mais e un invecchiamento in botti di rovere nuove ma carbonizzate internamente. Il Bourbon è forse il più morbido tra tutti gli whiskey/whisky, con note intense di legno, vaniglia e burro alle quali si sommano diversi aromi e sentori in base alle scelte delle varie distillerie. Potremmo forse dire che Scotch e Bourbon sono lo zenith e il nadir del mondo del whiskey.
Jim Beam White Label, Four Roses, Wild Turkey sono prodotti validi per iniziare a familiarizzare con questo distillato; Maker’s Mark Kentucky Straight Bourbon Whiskey, Bulleit Bourbon Frontier Whiskey 10 anni e Knob Creek 9 anni sono già di un livello superiore.
Rye Whiskey
Il Rye era un tempo il whiskey più “povero” e scorbutico, realizzato con almeno il 51% di segale e invecchiato in modo simile al bourbon. Il gusto è ruvido e speziato, ma esistono anche prodotti meno pungenti. Una volta era quasi introvabile in Italia, mentre oggi sta tornando di moda, anche grazie alla sua eccezionale vocazione alla miscelazione: il rye consente infatti di ottenere cocktail meno dolci e forse anche più complessi rispetto a quelli realizzati con il bourbon; naturalmente si tratta di considerazioni personali e soggettive, ma il nostro Manhattan è sempre a base Rye!
Jim Beam Rye è forse il rye più economico presente in Italia; Bulleit Rye Frontier Whiskey, Knob Creek Rye, Jack Daniel’s Rye e Rittenhouse Straight Rye sono altre bottiglie da provare.
Tennessee Whiskey
Il Tennessee Whiskey, infine, si differenzia dal Bourbon soprattutto per la filtrazione del distillato attraverso carbonella di acero bianco: ne scaturisce un whiskey ancora più rotondo e liscio del Bourbon.
Sul mercato italiano è presente il celeberrimo Jack Daniel’s, di cui l’Old No.7 è l’imbottigliamento più economico e noto.