Il gin è un distillato aromatizzato da bacche di ginepro e altre erbe, spezie o sostanze vegetali varie, tra le quali solitamente è sempre presente il coriandolo. Un tempo era l’economica bevuta dei disperati degli slums londinesi, oggi invece è uno dei prodotti più di tendenza nei bar di tutto il mondo, tanto che ormai esistono infinite etichette spesso di difficile catalogazione.
Diamo un sintetico sguardo alle principali categorie.
London Dry Gin: il più noto, caratterizzato dal gusto secco in cui è ben evidente il ginepro; possono appartenere a questa categoria anche prodotti realizzati non a Londra.
Bottiglie economiche ma di indubbia qualità sono Beefeater, Tanqueray, Bombay Sapphire. Salendo di prezzo troviamo Tanqueray Ten, Sacred, Sipsmith, Broker’s, Fifty Pounds, Hayman’s, Ginepraio, Sabatini (ottimo prodotto di Cortona), Giniu, No.3 London Dry Gin.
Old Tom Gin: la varietà più diffusa nell’Ottocento, quando si prediligeva un sapore più dolce e zuccherato (e si cercava di coprire i difetti di una distillazione spesso approssimativa). Non si trova facilmente in Italia: provate con Hayman’s Old Tom.
Plymouth Gin: prodotto dalla benemerita distilleria Blackfriars di Plymouth è praticamente l’unica denominazione protetta del gin. Intenso e secco come un classico London Dry, ma incredibilmente rotondo, armonioso ed equilibrato. Il rapporto qualità prezzo lo rende la nostra prima scelta sia da bere liscio che in ogni tipo di cocktail, soprattutto nella versione Navy Strenght, 56% di titolo alcolometrico.
Sloe Gin: Gin aromatizzato con i frutti delle prugnole selvatiche; il tenore alcolico di solito è minore rispetto al classico gin, inoltre il gusto è più dolce e fruttato.
Plymouth Sloe Gin, Elephant Sloe Gin, Monkey 47 Sloe Gin sono alcune delle varietà di una tipologia che sta tornando in gran voga.
Compound o Bathtube Gin: Gin aromatizzato per infusione e macerazione delle botaniche; lo riconoscete facilmente dal colore scuro. Durante il Proibizionismo si trattava di prodotti artigianali di dubbia qualità; oggi si possono trovare sorprendenti bottiglie, come il pregevole Gin Clandestino.
Yellow Gin: Gin affinato qualche mese in botte di rovere. Provate Filliers Dry 28 Barrel Aged o il sardo Pigskin.
Al di fuori di queste categorie si trovano infiniti gin dai sapori e dal livello qualitativo diversissimi; la tendenza generale di questi anni, comunque, ci sembra quella di attenuare il caratteristico gusto del ginepro per andare alla ricerca di aromi e sapori più tenui e delicati o originali e inconsueti.
Segnaliamo alcune etichette facilmente reperibili e di buon livello:
Gin Mare (perfetto per il Gin & Tonic, non ci esalta in Martini e Negroni), Beefeater 24, Monkey 47 (dal gusto ricco e carico, lo consigliamo per un Negroni diverso dal solito), Elephant, Martin Miller’s, The Botanist (prodotto sull’Isola di Islay con botaniche locali), Hendrick’s (il più bevuto da chi non apprezza il ginepro: qui prevalgono petali di rosa e cetriolo), G’ Vine Floraison, G’ Vine Nouaison (entrambi Gin francesi che utilizzano fiori e frutti della vite fra gli ingredienti), Gin Kapriol Artigianale (alpino, con aromi di pino mugo), Boigin, Villa Ascenti (per un gin tonic dissetante, con note fresche di menta).
Il Genever è l’antenato olandese del Gin moderno: molto usato nei cocktail fino ai primi del Novecento, vede la presenza di un distillato di malto simile al whiskey. David Wondrich ne dà un’idea dicendo che assomiglia a una via di mezzo tra un London Dry Gin e un Irish Whiskey con un po’ di sciroppo di zucchero. Ne esistono comunque diverse varietà; ma dopo aver assaggiato un classico Bols dobbiamo ammettere che la definizione di Wondrich ci sembra davvero azzeccata.