Tre nomi differenti che rispecchiano la cultura dei luoghi di produzione del distillato, rispettivamente anglofona, ispanofona, francofona. Ogni zona ha le sue specifiche modalità di produzione, sulle quali però qui non ci soffermiamo. La distinzione più importante – non necessariamente qualitativa – riguarda quella fra i prodotti che utilizzano melassa di canna da zucchero e quelli a base di succo vergine di canna da zucchero, definiti agricoli e presenti per lo più fra i rhum; fra questi ultimi eccellono quelli della Martinica, perfetti per preparare il Ti Punch. I distillati da melassa reggono meglio lunghi invecchiamenti in botte, mentre quelli di succo vergine hanno una maggior aromaticità che andrebbe perdendosi oltre un certo periodo passato a contatto con il legno.
In generale per la miscelazione sono da preferire i prodotti non invecchiati oltre i tre anni (bianchi) per realizzare drink freschi e dissetanti, mentre si possono provare invecchiamenti superiori o particolari (ambrati o oro e scuri) per ottenere maggior corpo e sapori più ricchi.
In Italia sono reperibili moltissime etichette di media, alta e altissima qualità; segnaliamo qui, come al solito, soltanto alcuni prodotti rappresentativi:
Havana Club 3 anni è forse la bottiglia di rum chiaro più indicata per i primi passi nella miscelazione.
Bacardi Carta Oro è una buona scelta tra gli ambrati
Rum Gran Reserva 15 anni Matusalem o Rum Diplomatico Mantuano hanno un buon rapporto qualità prezzo fra gli scuri.
Cachaça. Il distillato nazionale brasiliano ha come il rum la canna da zucchero come materia prima; però il diverso procedimento produttivo genera un’acquavite meno dolce ma soprattutto molto meno morbida e rotonda, difficile da bere liscia. Va detto che oggi molti produttori stanno realizzando bottiglie di maggior pregio e armoniosità, più vicine al rum anche come gusto.
Una delle etichette più usate in Italia per fare la Caipirinha è sicuramente Cachaça 51 Pirassununga.