Grandi bartender: Ada Coleman, il talento contro il pregiudizio.

Una figura significativa

Tra Otto e Novecento la presenza femminile dietro i banconi dei bar, in Inghilterra, era pari a circa la metà di quella maschile. Perché allora la figura di Ada Coleman (1875-1966) è considerata come il simbolo della lotta delle donne per affermarsi in un mondo per lo più maschile e maschilista? Fondamentalmente per due motivi: il primo è che proprio nel Regno Unito, in quegli anni – e spesso anche per opera di associazioni femministe – era in atto una campagna per allontanare le donne dal mondo del bar, ritenuto promiscuo e poco decoroso; negli States per gli stessi motivi le lavoratrici di settore non si erano mai affermate, basti pensare a un censimento del 1895 che contava 147 bariste contro 55660 baristi. Il secondo motivo è che pur lavorando bene le donne raramente raggiungevano celebrità e ruoli gestionali nel mondo della miscelazione. Ada Coleman, invece, ci riuscì, anche se alla fine probabilmente fu sconfitta dal maschilismo, come vedremo.

Gli esordi e l’apice della carriera

A ventiquattro anni Ada restò orfana. Il datore di lavoro del padre le offrì un impiego dapprima in un negozio di fiori e poi al bar del Claridge’s Hotel. La leggenda narra che la prova da superare fu la miscelazione di un Manhattan, superata grazie alla scioltezza di Ada e alle istruzioni che aveva ricevuto dal sommelier dell’Hotel. La sua bravura la portò rapidamente, nel 1903, ad assumere il ruolo di responsabile in capo dell’American Bar del Hotel Savoy, uno dei più lussuosi e celebri di Londra, frequentato nella prima metà del XX secolo da aristocratici, magnati dell’industria e stelle del cinema e del teatro. Coley, come veniva soprannominata, ebbe come collega e rivale – c’è chi dice che non si siano quasi mai parlate in vent’anni di lavoro – un’altra bartender, Ruth Burgess, capace ma meno inventiva di Ada. La protagonista della nostra storia era tanto puntigliosa e gelosa delle sue creazioni nei confronti dei colleghi quanto affabile, cortese, disponinibile e spiritosa con i clienti; personaggi come Charlie Chaplin, Marlene Dietrich, Mark Twain e la crema dell’aristocrazia britannica rimasero affascinati dal suo savoir-faire e dalla sua brillantezza. Ma anche quando i ritmi di lavoro si facevano frenetici e la sete dei clienti richiedeva di essere placata Coley si dimostrava all’altezza della situazione, lavorando instancabilmente ed arrivando in un’occasione particolare a servire fino a trecento cocktail in quindici minuti (ma Ada confessa che aveva saggiamente preparato dei premiscelati in vari shaker pronti all’uso)!

Il declino

Ada Coleman rimase sulla cresta dell’onda fino al 1925, quando il Savoy chiuse per lavori di ristrutturazione. Alla riapertura Coleman e Burgess furono “pensionate” e sostituite dall’astro nascente della miscelazione, Harry Craddock che, nei cinque anni precedenti, aveva lavorato nel bar secondario del Savoy, osservando e studiando le due bartender che occupavano i ruoli di primo piano al bar principale. Secondo alcuni fu proprio Craddock a spingere affinché le due donne fossero estromesse a suo vantaggio, facendo leva sul maschilismo della società dell’epoca; secondo altri fu la stessa Coleman a manifestare stanchezza e il desiderio di ritirarsi (su Burgess non si trovano notizie). Alla fine può darsi che la verità stia nel mezzo. La leggenda vuole che sia tornata al suo primo impiego, il negozio di fiori (del resto la sua cura del dettaglio l’aveva portata ad avere sempre diverse composizioni di fiori freschi sul bancone), per poi passare a dirigere un’osteria di campagna; ma altre fonti smentiscono queste versioni, sostenendo che lavorasse part-time come direttrice del personale del guardaroba dell’Hotel Berkeley. Quel che è certo che dopo la sua morte nel 1966 fu riconosciuta unanimamente come uno dei personaggi più influenti del mondo della miscelazione.

Il suo capolavoro (Hanky Panky) e la sua eredità

Nel suo libro dedicato ai cocktail del Savoy Harry Craddock ignorerà le molte ricette di Ada Coleman, ma non potrà fare a meno di inserire l’Hanky Panky, la creazione più nota della bartender, talmente apprezzata da essere oggi nella categoria “The Unforgettables” della lista I.B.A. e da sempre uno dei drink più ordinati e graditi dello stesso Savoy. L’Hanky Panky, a base di gin, vermouth rosso e Fernet Branca, fu creato da Coley in un anno imprecisato quando l’attore comico Charles Hawtrey (1858-1923), uno dei massimi intenditori di alcolici di Londra, le chiese un drink che avesse una carica speciale, in grado di tirarlo su in quella che era una serataccia. Ada gli sottopose la sua ultima creazione e l’attore, entusiasta, esclamò qualcosa tipo: “Accidenti, questo sì che è un vero Hanky Panky!” L’espressione indicava all’epoca qualcosa di sorprendente, come un trucco magico o un prodigio.

Oltre che per questo meraviglioso drink, erbaceo, dolce e pungente al tempo stesso, dobbiamo ad Ada Coleman la gratitudine per aver aperto la strada a tante donne che in seguito – molto in seguito, purtroppo: pensate che ancora nel 1971 una legge vietava alle donne di servire whiskey in California – hanno intrapreso la carriera di bartender con passione, talento, creatività e costanza. Se oggi il mondo della miscelazione vede finalmente una presenza femminile sempre più affermata è anche grazie all’esempio e all’influenza di Coley.